Tuesday, April 17, 2007

Notizie da Amman

Ero certa che l’email di Guido avrebbe scaldato gli animi e sono stata contenta di trovare oggi (negli ultimi due giorni sono stata impegnata in un interessantissimo corso sui diritti umani alla UNU che ha una sede proprio qui ad Amman) nella mia inbox una sfilza di risposte. A onor del vero bisogna dire che sebbene silenziosi i fellow si sono premurati di mandare splendide foto a testimoniare che la loro vita va ben oltre l’ufficio. Tuttavia un po’ di dettagli sulle esperienze di campo sono davvero graditi anche qui nella tranquilla Amman, dove la mia nuova permanenza procede tra viaggi, emozioni, incontri.
Essere tornata in un paese che conosco bene non mi ha tolto la voglia di viaggiare per scoprire posti nuovi o anche solo per rivedere i luoghi che amo di più. Così mi capita raramente di restare ad Amman il fine settimana, molto più spesso sono in giro per la Giordania e a volte sconfino pure. In questi primi mesi ho avuto già diversi ospiti venuti a trovarmi dall’Italia e quindi è stato con loro che ho fatto alcune delle gite verso Sud. Verrebbe da pensare che la Giordania ha ormai ben poco da darmi in quanto a emozioni visive e suggestioni paesaggistiche; eppure ho scoperto che ci sono luoghi che non smettono di incantarmi, luoghi che sebbene divenuti familiari non perdono il loro fascino, perché si svelano con nuove angolature o semplicemente perché possiedono una bellezza perfetta. È il caso di Petra che visitata per la terza volta è riuscita ancora a meravigliarmi e del deserto di Wadi Rum dove la primavera ha trasformato l’ocra e il rosso della sabbia in distese candide o gigliate: intere dune sono ricoperte di minuscoli fiori bianchi e viola. Sono anche tornata a Damasco che è una città di una bellezza decadente e magnetica. Il weekend siriano, però, è stato deleterio per la mia salute: mi sono riportata indietro un simpatico battere che ha vissuto nel mio stomaco per un bel po’!
In quanto agli incontri ne ho fatti di interessanti. Frequento Italiani, ma anche Americani, Canadesi, Inglesi. Principalmente ufficiali ONU, ma anche persone che lavorano per NGO e ambasciate. Resto sempre affascianata da quanto strana sia l’amicizia tra espatriati. Lontani dalla propria terra, dai compagni di scuola, dagli amici di tutta una vita, vengono meno delle barriere che avremmo pensato incrollabili. Si superano confini linguistici e generazionali, si sorvolano differenze culturali e sociali e si raggiunge un limbo emozionale, una zona franca dov’è possibile incontrarsi a dispetto di tutte le differenze. Ho trascorso interi weekend in compagnia di persone con le quali mi accomuna giusto il lavoro nell’ambito dello sviluppo internazionale, ma con le quali ho trovato un’affinità che va al di là del condividere gli interessi o la città natale. Il lavoro è certamente il gran collante di queste relazioni, ma non è in senso negativo che lo dico, perché nel nostro caso il lavoro implica ideali e stili di vita, due elementi di forte coesione.
Esaurito il resoconto della mia vita personale, passo a darvi nuove sul lavoro. Mi sto occupando di diversi progetti, dal demining al e-governance, ma si tratta di solo di supporto. Invece le mie creature al momeno sono due progetti che rientrano nell’area “human rights”. Il primo riguarda capacity building per il National Centre for Human Rigths, un’istituzione che ha pochi anni di vita e che non è ancora pienamente funzionale. Il progetto era già in bozza, ma è a me che hanno affidato il compito di rivederlo e aggiustarlo dopo l’incontro con l’NGO che sarà implementatrice. Il secondo invece è davvero nato tra le mie mani e si tratta di monitoraggio sulle prossime elezioni municipali e parlamentari. È la prima volta che viene permessa un’attività di monitoring nel paese anche se dovrà essere interamente locale (nessun osservatore esterno).
Sono molto motivata ad andare avanti e rendere operativo il progetto, ma qui arriva il MA che stavate aspettando. Il mio supervisor, il national office responsabile dell’intero governace portfolio, è disorganizzato, lentissimo, distratto. Segue mille cose contemporaneamente per non concretizzarne nessuna, i documenti che gli passo per revisione o integrazione restano sulla sua scrivania per settimane, mentre i donor ci chiamano per avere notizie e le parti implementatrici scalpitano per avere date e termini di rifermento. Mi manda ai matti, ma non posso scavalcarlo e andare direttamente dal Programme Manager. Per altro quest’ultimo sa come stanno le cose, ma non lo spinge più di tanto, perché sono gli unici due senior locali dell’area di programmazione, perché a quanto pare il mio supervisor è molto ammanicato a livello governativo e quindi è essenziale per l’ufficio. Fatto sta che le cose non vanno avanti e si rischia in continuazione di perdere soldi e partner.
A questo si aggiunge che il Res Rep è arrivato da poco (il vecchio è ora a Sarajevo e Susanna starà certamente apprezzando l’efficienza e la professionalità di Ms. Mc Nab), è spesso assente per missioni e eventi e ancora non è coinvolto nelle dinamiche d’ufficio.
Insomma anche qui in Giordania la frustrazione non manca. Sono contenta del mio lavoro, anche se è molto d’ufficio (inevitabile comunque visto che sono nell’area governance e non in poverty o enviroment dove i beneficiari sono primariamente le persone e non le istituzioni e quindi le attività sono più di campo), ma mi viene il mal di cuore a vedere come vengono sprecate le risorse.
Vi abbraccio tutti e tengo duro.
Veronica

2 comments:

Anonymous said...

Quoting: "Si superano confini linguistici e generazionali, si sorvolano differenze culturali e sociali e si raggiunge un limbo emozionale, una zona franca dov’è possibile incontrarsi a dispetto di tutte le differenze" ....

voglio anche io raggiungere il mio limbo emozionale!!! ;)

Massi

veronica said...

i'm sure we can work on it ;-)